domenica 31 maggio 2009



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L’ozio e la fortuna

Per la miseria…
Mi sono detto tante volte,
perch’io devo essere il più disposto
a sostegno di chi ,oziando,và per la montagna

a cercare quell’albero
che in tanti chiamano esser della cuccagna .
E’ come regalare la manna
a chi capire non tiene merito,

è come insultare la ventura antica,
quella che un tempo giocava ai dadi coi briganti.
E allora mio caro errabondo,
non guardarti le mani che non conoscono fatica,

Non andare nel buio pesto alla ventura,
non mostrar la moglie come fosse una civetta,
vedi; c’è un tempo per pensare,
c’è un tempo per guardarsi dentro ,

c’è un tempo per decidere,
di che fare dell’inutile viatico
che t’accingi a percorrere solitario se
conoscere non sai il perché sei venuto a questo mondo;

La solitudo non è tristezza d’animo,
né sorella all’ozio,
ma amica della riflessione
che sperar non deve nella bendata dea,

ma rifuggire l’antico vizio.
E perciò prova a trovare la dignità della fatica,
non andare oltre il buco dell’incerto
perchè prima di te è arrivato il tarlo

che non ha mai finito il suo percorso vecchio.
Prova a faticare un giorno vero
e comprendere dovrai,
che ancor di più d’andare a cercar la sorte

sarà reale ricompensa rivedere con riguardo
chi, un di, t’ha porto la robusta mano segnata dal travaglio,
chi t’ha indicato lo sguardo segnato dal patimento,
chi un di, t’ha mostrato il dito nella mente per indicarti la ragione .-

Aaronn

sabato 30 maggio 2009



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Luce di mare

Luce di mare


Se un di decidessi di guardare il mare
I tuoi occhi vivrebbero
la luce della luna, delle stelle, del sole.
Se un di decidessi di pensare con il mare
vivresti le più belle storie di natanti e di briganti.
Se un di decidessi di toccare il mare
Sentiresti la sua energia penetrare nelle membra.
Sentiresti il suo odore ,
avresti le mani empie di quel sale
che dona sapore alla vita,
che contiene l’amalgama della rivoluzione della specie.
Se un di decidessi di stare in mezzo al mare
Saresti soli tu e lui,
a pensare a quel divenire
che costruisce l’uomo fino al finire.
Se un di decidessi di pensare alla sua immensità,
allora capiresti quanto sia capace di donare
tutto ciò che l’uomo nonostante la sua opulenza
Non potrà, giammai, il povero arricchire .-
Aaronn

martedì 19 maggio 2009



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Lavorare salva la memoria
e allontana l'Alzheimer


ROMA
Lavorare salva la memoria, riducendo i rischi che il trascorrere degli anni finisca per rosicchiare i ricordi. Ne sono convinti gli studiosi del prestigioso King’s College di Londra, che servono un bell’assist ai sostenitori, per vari motivi, dell’innalzamento dell’età pensionabile. Ritirarsi più in là dal lavoro, restando saldi alla propria poltrona nonostante l’incalzare degli anni, terrebbe a bada il rischio di ammalarsi di Alzheimer, assicurano gli studiosi sulle pagine dell’International Journal of Geriatric Psychiatry.

Mantenere attivo il cervello, dunque, preserva i circuiti cerebrali dai segni del tempo. La prova arriva dal monitoraggio di ben 1.320 persone con demenza, di cui 382 uomini. Numeri alla mano, i ricercatori londinesi hanno mostrato che chi era andato in pensione più tardi aveva sviluppato la malattia più in là nel tempo rispetto a chi aveva lasciato il lavoro prima per godersi la sospirata pensione.

Secondo gli studiosi, dunque, continuare a lavorare fino a tardi aiuta a mantenere il cervello attivo tanto da ritardare la comparsa di demenza. «La possibilità che la riserva cognitiva di una persona possa essere modificata anche in tarda età - spiega John Powell, uno dei ricercatori impegnati nello studio - sostiene l’idea, un diktat per molti, dell’”usala o la perderai”. Mantenersi attivi nella vita anche quando si è più in là con gli anni - conclude - produce una serie di benefici per la nostra salute, non ultimo quello di ridurre il pericolo di demenza».

giovedì 14 maggio 2009



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L'operatore ecologico di Caltanissetta negli anni andati.







Lo Spazzatore del rione Angeli.



Non fu mai detto ?

Si, si dirà nel tempo di quel tal rione che,

da San Domenico si diparte

fino al limitare la città dei defunti,

là, dove ha fine il casamento

che rifugio dona a chi la fortuna negata avea dalla vita,

al povero, in cerca d’un rifugio,

contento di trovar un lavoro di spazzatore.

Tanto si mormorava dal quartiere viciniore,

per l’umile servigio che la gente portava avanti,

ché, assunto ne avea l’alterigia d’un miglior portamento,

in nome di quel devoto Francesco Santo e Sostenitore .

Angeli, era detto quel rione della povera gente

che stentava di finire la giornata

fatta di lavoro e di speranza,

di tutto quanto era desiderio della mente.

Era proprio gente castigata

che, in quel luogo, con sofferenza abitato,

deciso avea d’ultimar la dimora che

dei padri aveva assunto ogni statura.

Oggi ,che tanti anni sono trascorsi,

ricordo quella gente dall’antica portatura,

quasi a rivederne quello sperduto sguardo per superare la fatica,

sulla curvata schiena, dall’umile gravame.

Il ricordo , mi torna nella mente,

l’attimo di quel dovere mi ricorda la fatica ,

l’afflitto sguardo ,la consunta veste,

mentre tutto esigeva dignità di quella intristita plebe.

Dignità che oggi riprende il possesso in tal protagonista dallo sguardo antico,

che il progresso ha vestito a nuovo di tutto punto,

che orgoglioso mostrarsi vuole come soggetto di quel riscatto

che il tempo consente a chi il lavoro esercita con rispetto.





Aaronn



é

S. Casales

mercoledì 13 maggio 2009



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Da " la mia poesia"

Per mai fuggire

Non si fugge dalla vita,
dalle cose che non ci contentano.
Non si fugge dalle verità
che sono avvolte scomode,
che alla fine risultano le sole,
che portano il sereno ad un’animo affranto.

Non si fugge da se stessi
se non si ritrova l’orgoglio del sorriso,
se si cercano le ragioni del cuore,
della dignità che distingue.
Non si fugge dallo sguardo d’un fanciullo
perché conserva verità e purezza.

Si fuggono, epperò, l’ignominia,il male,il brutto
che nel codardo rivelano il tacere.
Si fugge ancor più dal potere,dal prestigio,dall’abuso,
se la forma non è pari alla sostanza,
se la giustizia,che sovente si esige,ripara
nel teatro vecchio del tornaconto.

Aaronn
é
Salvatore Casales


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RIFLESSIONI SULLA FAMIGLIA


GENITORI E FIGLI - Pensieri
(da: "Viandante nel Cuore" di Cleonice Parisi - Carta e Penna Editore)
Dona dignità ad una già nobile essenza, seppur appartenente a un piccolo essere, essa è già luce che dimora in terra.

Un genitore può solo scrivere le prime righe di una storia che non gli appartiene, ma la parola fine al resto del racconto potrà metterla solo chi ne avrà intessuto la trama filo per filo.

Nell'accogliere un figlio i sorrisi si accendono d'amore, si accenda dello stesso entusiasmo anche la tua attenzione, ora che l'orizzonte appare come meta prolungata nel viver dei figli. Impastiamo un buon domani iniziando da noi stessi.

Ogni figlio confida pienamente nel proprio genitore. Ogni cuore è scevro da dubbi nel seguire ciecamente chi lo ha generato, ma quanto vale affidarsi pienamente a chi si ama, se non il rallentare della nostra comprensione? Pertanto, così come il figlio allontanerà lo sguardo dal proprio genitore per osservare con entusiasmo il diversificare della sua via, anche i cuori dovranno imparare a camminare da soli, cercando nelle profondità del loro essere la strada. Il piccolo saprà rendere luce ai disegni del grande.

La speranza devia lo sguardo dell'uomo dalle sue cose certe. Un figlio troppo cullato, non diverrà mai uomo, allo stesso modo un cuore coccolato dalla speranza non aprirà mai gli occhi alla vita. Rinuncia alla speranza, questo sarà il primo passo verso la tua vita, intere generazioni hanno vissuto illudendosi di respirare aria nei fumi falsi della speranza, e sono morti nell'attesa che le loro speranze divenissero realtà.

martedì 12 maggio 2009



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Tumori: dall’ erba di San Giovanni un potenziale alleato per la prevenzione

di Adriana Albini

Dall’iperico, pianta erbacea perenne nota anche come Erba di San Giovanni, arriva un nuovo possibile alleato nella lotta contro i tumori.
Il team di ricercatori guidato da Adriana Albini, Responsabile Ricerca Oncologica dell’IRCCS MultiMedica, ha scoperto che l’iperforina, principio attivo presente nell’olio estratto dalla pianta, ha proprietà anti-angiogeniche, ovvero combatte le cellule che formano i vasi sanguigni dei tumori. Lo studio è stato pubblicato nel numero di maggio dell’European Journal of Cancer.

L'iperico ha proprietà medicinali note da tempo. Già i cavalieri templari ne conoscevano le capacità di migliorare l’umore dei feriti in battaglia. In alcuni paesi, tra cui la Germania, è ampiamente utilizzato per il trattamento dell'ansia e della depressione. L’iperico possiede anche altre proprietà farmacologiche per uso esterno: è astringente, cicatrizzante e immunomodulatorio.
L’estratto della pianta contiene oli essenziali, derivati fenolici e un pigmento rosso, color sangue, chiamato ipericina. Per il suo contenuto di flavonoidi, l’olio possiede un’attività immunomodulante e antinfiammatoria, dovuta in particolare al principio attivo “iperforina”.

“Abbiamo scoperto - spiega Adriana Albini – che l’iperforina, inibendo le cellule endoteliali stimolate dai tumori, combatte la neovascolarizzazione. Il meccanismo passa attraverso l’inibizione della molecola NFkB, un interruttore principale dei circuiti di infiammazione e angiogenesi infiammatoria. Blocca inoltre la migrazione dell’endotelio in risposta a citochine infiammatorie”.

“Questo risultato – prosegue Albini - potrebbe suggerire l’uso dell’iperico nella prevenzione del cancro. Il concetto di ‘prendere i tumori per fame’ dell’anti-angiogenesi è alla base delle strategie attualmente utilizzate in combinazioni terapeutiche contro quasi tutti i tumori”.

La ricerca, finanziata da AIRC (Associazione Italiana Ricerca sul Cancro) e dalla Compagnia di San Paolo, vede coinvolti i giovani studiosi Ilaria Sogno, Luca Generoso, Girieca Lorusso, Nicola Vannini, e collaboratori delle Università di Padova e Varese e del Centro Biotecnologie Avanzate di Genova.

Quasi in parallelo al team di Albini, i ricercatori tedeschi Rothley e Sleeman hanno rivelato che l’iperforina e l’omologo aristoforina agiscono anche sull’endotelio linfatico. I due studi, usciti in contemporanea, a conferma l’uno dell’altro, evidenziano il grande potenziale di impiego di iperico e iperforina come principi attivi di origine naturale in anti-angiogenesi.
Ulteriori studi di sicurezza sono comunque necessari, soprattutto in vista di combinazioni.
Studio pubblicato su European Journal of Cancer 45 (2009); “Mechanisms of Hyperforin as an anti-angiogenic angioprevention agent”; Girieca Lorusso, Nicola Vannini, Ilaria Sogno, Luca Generoso, Spiridione Garbisa, Douglas M. Noonan, Adriana Albini.

venerdì 8 maggio 2009



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IL SILENZIO



Tutti hanno paura del silenzio.
Tutti si sforzano di uccidere il silenzio.
Anche nei monasteri
Spesso c'è poco silenzio.
Perché appena l'uomo fa silenzio
Comincia a comunicare con se stesso.
Appena l'uomo fa silenzio
Comincia a vedere dentro di sé.
E vedere dentro di sé fa paura.

Bisogna creare isole di silenzio
Intorno a noi e nelle nostre occupazioni:
Sono isole di difesa, sono isole di ripresa.

Occorre creare isole di silenzio
per non essere soli.
Occorre creare isole di silenzio
Nelle occupazioni più assorbenti,
Per non essere dei travolti,
Per dominare le cose
E non lasciare che le cose ci travolgano.
Dio ci vuole dominatori delle cose,
Non fuscelli travolti dalle acque.


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DUBBI DI UN ABORIGENO



Caro uomo Bianco,
Ci sono alcune cose che dovresti sapere.
Io, quando sono nato, ero Nero.
Quando prendo il sole, sono Nero.
Quando ho freddo, sono Nero.
Quando mi spavento, sono Nero.
E quando sarò morto, sarò Nero.
Invece tu, uomo Bianco,
Quando sei nato, eri Rosa.
Quando prendi il sole, sei Rosso.
Quando hai freddo, sei Blu.
Quando ti spaventi, sei Giallo.
Quando ti ammali, sei Verde.
E quando sarai morto, sarai Grigio.
E avresti ancora la sfacciataggine
Di chiamarmi Uomo di Colore?

mercoledì 6 maggio 2009



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LA FELICITA'

da "La Felicità" di Seneca)


Tutti aspiriamo alla felicità, ma, quanto a conoscerne la via, brancoliamo nel buio. E' infatti così difficile raggiungerla che più ci affanniamo a cercarla, più ce ne allontaniamo, se prendiamo una strada sbagliata e se questa, poi, conduce addirittura in una direzione contraria (...)
Perciò dobbiamo avere innanzitutto ben chiaro ciò che vogliamo, dopodiché cercheremo la via per arrivarci, e lungo il viaggio stesso, se sarà quello giusto, dovremo misurare giorno per giorno la strada che ci lasciamo indietro e quanto si fa più vicino quel traguardo a cui il nostro impulso naturale ci porta. (...)
Non c'è nulla di peggio che seguire, come fanno le pecore, il gregge di coloro che ci precedono, perché essi ci portano non dove dobbiamo arrivare, ma dove vanno tutti. Questa è la prima cosa da evitare. Niente c'invischia di più in mali peggiori che l'adeguarci al costume del volgo, ritenendo ottimo ciò che approva la maggioranza, e il copiare l'esempio dei molti, vivendo non secondo ragione ma secondo la corrente. (...)
Di fronte alla felicità non possiamo comportarci come nelle votazioni, accodandoci alla maggioranza, perché questa proprio per il fatto di essere la maggioranza è peggiore. I nostri rapporti con le vicende umane non sono infatti così buoni da poterci indurre a ritenere che il meglio stia dalla parte dei più, perché la folla testimonia esattamente il contrario, che cioè il peggio, per l'appunto, sta lì. Sforziamoci dunque di vedere e di seguire non i comportamenti più comuni ma cosa sia meglio fare, non ciò che è approvato dal volgo, pessimo interprete della verità, ma ciò che possa condurci alla conquista e al possesso di una durevole felicità.

martedì 5 maggio 2009



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RIPRODUZIONE
Andrologo americano assicura
"Posso clonare esseri umani"
L'annuncio di Zavos all'Independent. Clonati 14 embrioni umani, 11 trasferiti nell'utero di quattro donne. Un documentario testimonia la procedura. Nessuna gravidanza è andata a buon fine, ma "è un primo passo" di ALESSIA MANFREDI

Andrologo americano assicura
"Posso clonare esseri umani"

"La nascita del primo bambino clonato è più vicina di quanto si pensi": l'annuncio shock arriva, ancora una volta, da un controverso medico, l'andrologo di origini cipriote oggi cittadino americano Panayotis Zavos, dell'università del Kentucky, che sostiene di aver clonato 14 embrioni umani e di aver trasferito 11 di essi nell'utero di quattro donne che hanno così avuto la possibilità di tentare di dare vita ai primi embrioni creati appositamente per la riproduzione. La clonazione, scrive The Independent, è stata filmata in un documentario.

Zavos avrebbe così rotto l'ultimo tabù etico e scientifico. Per farlo si è rivolto a un laboratorio segreto, probabilmente in Medio Oriente, dove la clonazione non è un reato come nella maggior parte degli altri paesi. La cautela è d'obbligo perché il medico non è nuovo ad annunci del genere: già nel 2004 aveva detto di aver impiantato un embrione umano clonato in una donna, ma non fornì prove in merito attirandosi molte critiche dal mondo scientifico, sostanzialmente scettico. Questa volta, si legge sull'Independent, la procedura, prima dell'impianto in utero, è stata ripresa in video dal documentarista Peter Williams, per Discovery Channel, che trasmetterà il servizio questa sera.

"Non si può continuare a rilasciare dichiarazioni senza fare riferimento a dati scientifici, pubblicati su riviste specializzate e sottoposti alla peer review", commenta scettico a Repubblica.it il genetista Bruno Dalla Piccola. "Se studi su modelli animali complessi indicano che il procedimento non è impensabile sull'uomo, è ancora tutta da dimostrare la sua utilità", sottolinea lo scienziato. "E un documentario non è una prova sufficiente. Quello che serve sono prove di laboratorio. Senza quelle ogni annuncio è ingiustificato", conclude Dalla Piccola.

I pazienti coinvolti negli esperimenti di Zavos sono tre coppie sposate ed una donna single, provenienti da Gran Bretagna, Stati Uniti e da un paese mediorientale, riferisce il quotidiano britannico nella sua edizione online. Nessuno degli embrioni impiantati ha portato ad una gravidanza effettiva, ha sottolineato Zavos, che però si è detto convinto che si tratti del "primo capitolo" verso la creazione di un essere clonato a partire dalle cellule della pelle di uno dei genitori: "Se intensifichiamo i nostri sforzi - ha dichiarato - possiamo arrivare ad avere un bambino clonato nell'arco di 1-2 anni".

In passato altri embrioni umani clonati sono stati prodotti, ma a scopo di ricerca e per estrarne cellule staminali e non al fine di essere impiantati in donne per ottenere una gravidanza. Questa volta sarebbe tutto diverso. La finalità, ha detto chiaramente Zavos, è la riproduzione: "La mia ambizione - ripete - è aiutare le persone". E ha rivelato altri particolari inquietanti, come l'annuncio di aver prodotto embrioni clonati da tre persone morte, inclusa una bambina statunitense di dieci anni di nome Cady morta in un incidente automobilistico. Decisione presa su richiesta dei familiari delle vittime.

Alcuni degli embrioni clonati si sono sviluppati fino ad uno stadio di 4 cellule prima di essere trasferiti, ma altri si sono sviluppati fino ad uno stadio di 32 cellule - definito 'morula'. Secondo il quotidiano britannico, sarebbero decine le coppie che avrebbero contattato il ricercatore nella speranza di poter superare i propri problemi di infertilità attraverso l'utilizzo della stessa tecnica di clonazione che venne usata per la creazione della pecora Dolly nel 1996.

lunedì 4 maggio 2009



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VOLEVO CAMBIARE IL MONDO

di Anonimo)
Quand'ero giovane e libero e la mia fantasia non aveva limiti, sognavo di cambiare il mondo. Diventato più vecchio e più saggio, scoprii che il mondo non sarebbe cambiato, per cui limitai un po' lo sguardo e decisi di cambiare soltanto il mio Paese.

Ma anche questo sembrava immutabile.

Arrivando al crepuscolo della mia vita, in un ultimo tentativo disperato, mi proposi di cambiare soltanto la mia famiglia, le persone più vicine a me, ma ahimé non vollero saperne.

E ora mentre giaccio sul letto di morte, all'improvviso ho capito: se solo avessi cambiato prima me stesso, con l'esempio avrei poi cambiato la mia famiglia.

Con la loro ispirazione e il loro incoraggiamento, sarei stato in grado di migliorare il mio Paese e, chissà, avrei anche potuto cambiare il mondo.


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Con mezzo bicchiere di vino al giorno si vivono cinque anni in più,ma solo se il vino é di Sicilia
Caltanissetta 4 Maggio 2009
Secondo uno studio olandese sembra che longevità e il consumo del nettare di Bacco vadano di pari passo. L'esperto: "Ma non esagerare con le bevande alcoliche". Succo d'uva elisir di lunga vita. Mezzo bicchiere di vino al giorno regala circa 5 anni di vita in più, secondo uno studio olandese. L'analisi delle abitudini di circa 1.400 uomini di mezza età, seguiti per oltre 40 anni, ha rivelato che bere regolarmente una piccola quantità di alcol aumenta la longevità...

E il maggior guadagno, quanto ad anni in più, si ha proprio per chi predilige mezzo bicchiere di vino al giorno: queste persone tendono a vivere circa quattro anni e mezzo-cinque in più rispetto agli astemi. Non solo. Chi consuma fino a due bicchieri di vino, due pinte di birra o due dosi di superalcolici al giorno tende a vivere circa due anni in più dei non bevitori. I ricercatori della Wageningen University olandese hanno analizzato 1.374 uomini di 40 anni nati tra il 1900 e il 1920, esaminando fino al 2000 abitudini a tavola, con l'alcol e il fumo e l'indice di massa corporea di ciascuno, registrando inoltre la prevalenza di infarto, ictus, diabete e tumori nel gruppo. Ebbene, lo studi ha scoperto che il vino è legato a doppio filo con un più basso rischio di morte per tutte le cause. "Chi già consuma bevande alcoliche dovrebbe farlo in modo light, concedendosi uno o al massimo due bicchieri al giorno, e preferibilmente di vino", suggerisce Martinette Streppel, nutrizionista dell'ateneo olandese.

"Gli effetti cardio-protettivi di alcolici e vino giustificano solo un lieve consumo negli uomini di mezza età. Bere in modo più pesante, infatti - aggiunge Streppel al quotidiano britannico 'Daily Mail' - può causare incidenti, tumori e cirrosi del fegato". E ancora, "dal momento che il consumo di alcolici può dare dipendenza, iniziare a bere per via degli effetti positivi per la salute non è consigliabile". I ricercatori hanno visto che il consumo di non più di 20 grammi di alcol al giorno - un bicchiere ne contiene 10 circa - comporta un rischio ridotto del 36% di morte rispetto a quello degli astemi. E la riduzione del pericolo aumenta per chi, fra tutti i possibili drink, preferisce il vino. In generale chi beve mezzo bicchiere di vino al dì ha una riduzione del 40% della mortalità generale e un'incidenza più bassa del 48% di morte cardiovascolare. Il tutto si traduce in un'aspettativa di vita più alta per i bevitori light.Ign

venerdì 1 maggio 2009



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I RAGAZZI E I SILENZI DEGLI ADULTI
I nostri figli senza maestri

di Isabella Bossi Fedrigotti


Della politica, di ogni suo minimo sussulto, controversia o screzio, si discute per giorni, si ragiona, si polemizza. Dei giovani e giovanissimi, dei loro problemi, dei loro allarmi, della loro violenza, dei terrificanti crimini che riescono a commettere quando ancora, almeno in teoria, devono rispettare l’orario di rientro dettato dai genitori, dopo un momentaneo commento incredulo e sbigottito, si tende, invece, a tacere. E così gli accoltellamenti, le rapine, le aggressioni, gli stupri di gruppo, gli assassini per opera di adolescenti o poco più transitano veloci, giorno dopo giorno, negli spazi delle cronache nere senza che ci prendiamo la briga di riflettere davvero su cosa sta succedendo nella nostra società. Di loro, dei ragazzi, quando li arrestano, si coglie per lo più la freddezza e l’indifferenza, non solo per le vittime ma anche per i propri cari e il proprio destino, quasi che qualsiasi cosa—compreso il carcere — fosse preferibile all’insopportabile noia che li affligge. E sembra specchiarsi, quest’indifferenza, nel loro abbigliamento, sempre uguale, jeans, scarpe sportive e felpa, del tutto indifferente a diversi luoghi e occasioni: casa, scuola, lavoro, pub, sport oppure discoteca.

Vanno e rubano, vanno e accoltellano, vanno e dan fuoco a un barbone, vanno e uccidono un compagno di scorribande, quasi sempre in gruppo, per farsi forza, naturalmente, perché da soli forse non oserebbero; e noi ce la sbrighiamo parlando di «fenomeno delle baby gang», come se il termine straniero minimizzasse la tragicità dei fatti. Ma da dove vengono e chi sono questi alieni crudeli e indifferenti? Da case normali per lo più; anche dal degrado, dalla miseria e dall’emarginazione, ma altrettanto, da case belle, quartieri buoni e famiglie per bene. Potrebbero essere figli di tutti noi, incappati per insicurezza, per solitudine, per noia nell’amico più forte, nel gruppo sbagliato; e si sa che il gruppo ormai conta più della famiglia, per il semplice fatto che la famiglia, nonostante il gran parlare che se ne fa, è oggi più debole che mai. Oltre a essere spesso dimezzata, per cui i ragazzi sono privi della costante ed equilibrante presenza di entrambi i genitori, non è più come un tempo affiancata e sostenuta nel suo magistero dagli insegnanti e da altre figure di educatori come, per esempio, i parroci, per ragioni che a volte risalgono paradossalmente proprio alla famiglia.

Se, infatti, padri e madri—come spesso succede — prendono sistematicamente le parti dei figli contro maestri e professori, è difficile che si crei quell’alleanza di intenti preziosa per l’educazione. E rinunciare a qualsiasi forma di istruzione religiosa è, ovviamente, una scelta rispettabilissima che però priva la famiglia di un supporto non indifferente. Moltissimi sono naturalmente i padri e le madri forti abbastanza per farcela da soli a insegnare ai figli cos’è bene e cos’è male, ma molti sono anche quelli che, invece, non ce la fanno. Ma c’è dell’altro, ed è la profondissima infelicità dei giovani. Perché è certo che sono infelici, lo gridano dietro i loro indecifrabili silenzi, che non sempre riflettono soltanto il comodo, rilassante oppure stanco silenzio degli adulti. È un’infelicità chiusa e senza desideri, peraltro, secondo il geniale titolo del romanzo di Peter Handke, perché non può esserci desiderio dove non c’è speranza.

Ecco, quel che atterra i nostri figli, quel che toglie loro qualsiasi energia positiva, quel che li rende tetri e annoiati e, dunque, disponibili alle trasgressioni più atroci, è la mancanza di speranze condivise. Speranze che molto prima di essere di natura economica sono di natura ideale, nutrimento e carburante indispensabile per i giovani. Anche per noi adulti, ovviamente, perché l’uomo non può vivere senza aspettarsi per domani una sia pur minuscola luce, ma in modo molto meno assoluto e radicale, perché abbiamo ormai imparato bene a difenderci dal vuoto. Speranze —condivise — che una volta riguardavano la politica, per esempio, oppure la religione o la cultura e che adesso, mediamente, s’innalzano fino ai successi della squadra di calcio del cuore o al sogno di finire in tv oppure alla conquista di un certo tipo di abbigliamento firmato e uniforme. Poveri ragazzi, viene da dire, però è questo il piatto che abbiamo preparato per loro, gli esempi che abbiamo fornito, i modelli che abbiamo fabbricato. Ed è un serpente che si morde la coda perché se famiglia, scuola e istituzioni varie oggi si rivelano così deboli, così inascoltate e incapaci di educare è anche perché per prime sembrano aver smarrito nel tempo le ragioni forti del loro essere. I maestri, insomma, i tanto invocati maestri grandemente scarseggiano perché non credono più al loro magistero.
IL MIO COMMENTO :

Non posso non convenire con l'autrice di questo articolo tanto attuale quanto necessario di riflessione.Accettare le nostre colpe di genitori, non vuol significare ,se tutti ne facessimo ammenda sarebbe un positivismo superlativo ,risolvere questo grande dilemma della società attuale.Ma come si fa a ricominciare ,come si diceva una volta,"andando punto e a capo" ?

E se noi andassimo veramente a capo,o meglio se noi ,ai nostri figli, che già sono adulti,dicessimo che la nostra educazione impartita loro é stata tutto un errore solo ed esclusivamente nostro? Avremmo la possibilità ,sempre che tutti ci adoperassimo in tal maniera,di riprendere una società che potesse riappropriarsi di ciò che sono i valori scordati? Non sicuramente riferibile il mio discorso,ai valori conclamati dal "Politico Di Pietro",ma i Valori,quelli che perdurano da millenni e che ,scientemente ,i nostri padri ci hanno inculcato e che vogliono significare rispetto verso gli altri se si desidera un riscontro;educazione e rispetto verso le cose create da Dio,la natura ,gli animali,le cose che l'uomo,con fatica costruisce.

Forse miei cari lettori, d'ogni censo e casta,se avessimo questo coraggio di dire ai nostri figli che tutto o quasi tutto ciò che noi abbiamo loro impartito é stao generato dall'errore più grande che abbiamo commesso che é avvenuto perchè abbiamo preferito valutare ed attenzionare l'arricchimento personale ,il bisogno di acquisire potere personale,tralasciando d'impartire tutt'altra educazione,quella della presenza che i mostri figli avrebbero dovuto ricevere e quant'altro,mentre carpiscono solo quella dei coetanei che ,in una società promiscua , può non essere adeguata . I vizi d'oggi,per taluni ragazzi,assumono valore propedeutico perché,negli anni avanti diventi forza ,caratteristica del divenire super-uomini,mentre invero,rimangono solo persone ai margini di una società .

Siamo stati dei genitori relativi e con noi vi sono ancora attualmente dei maestri che relativizzano il loro magistero non convinti che oggi i ragazzi,i giovani hanno carenze affettive,non ricevono l'attenzione dei propri genitori,purtroppo, in tutt'altre faccende affaccendati,mentre assumono riferimenti sui i beniamini della T.V. del cinema o del cantante più alla moda.

E' necessario riprendere l'antico percorso e capire noi stessi ,prima di divenire maestro e/o genitore; come ? Voi direte ? ..........................Riprendendo ,ciascuno l' originario ruolo che ci appartiene; allora si ,forse, avremo un futuro di uomini migliori.-

Aaronn