Il
Venerabile Maestro;
Sembrerebbe un appellativo tanto
reverenziale, quanto irritante, per chi non concorda la relazione con l’arte
della libera muratoria. Di certo c’è che, l’origine del titolo di venerabile
maestro, deriva da molto lontano con riferimenti che, nel tempo, pur esaltando e
attribuendole qualificazione, diventa funzione elevata di un soggetto, che
emerge per sapienza, maestria e saggezza, al vertice di una loggia che presiede
e governa.
Inevitabilmente è la storia ad avere
assegnato un tempo in cui s’intese elevare l’uomo a tale dignità che ha una sua
origine e un suo precipuo compito.
Non c’è alcun dubbio, epperò, che tal
epiteto si rifaccia a quell’arte regale per eccellenza che si volle essere
protetta dai re e dai potenti della terra che, in alcuni paesi come
l’Inghilterra e la Germania di allora e tuttora, é attribuita alla massoneria.
Arte Regale esercitata in un alone
misterioso, anche su mandato di vescovi e pontefici, che circondava le
corporazioni di quel tempo storico, (1300-1400) che, ebbero il precipuo scopo
di invadere l’Europa di quei simboli distintivi che rappresentassero il potere
indiscutibile del cattolicesimo, all’epoca contrastato dal protestantesimo
imperante.
Giova ricordare anche che fin dai tempi
di Autari, (584), già esistevano in Italia, le compagnie dei Maestri Comacini
che esercitarono l’architettura lombarda fino al tredicesimo secolo e che, assieme
ai monaci benedettini, insegnarono anche in altri paesi, la scienza e l’arte di
costruire quelle grandi cattedrali e i monasteri che a tutt’oggi ci mostrano, con
la loro testimonianza in uno splendore immaginifico, il potere del
cattolicesimo di quell’epoca.
Per ciò, avendo quei monaci assunto
varie commesse, bisognosi di personale sempre più numeroso, furono indotti a
educare e qualificare allievi anche fra i non religiosi.
Solo i monaci, precipuamente i benedettini,
così preposti all’insegnamento delle regole e dei primi elementi dell’arte, furono
chiamati venerabili in quando
sacerdoti e maestri perché i soli a
impartire l’insegnamento dell’arte.
Solo dal tredicesimo secolo in poi, gli
allievi lavoratori della pietra, fra i più che intesero l’arte, ma che in vero
avevano assunto la conoscenza della costruzione, stanchi di permanere
sottomessi ai loro capi monastici, si organizzarono in un organismo, facendo
proprie le regole di costruzione dell’arte gotica della quale, ne avevano
scoperto i segreti . (1)
Questo corpo nascente, epperò si
distinse dal precedente corporativismo perché i compagni, facenti le veci di
maestri, resero partecipi gli apprendisti , dei segreti dell’arte e,
ritenendoli uguali a loro, iniziarono a
chiamarli fratelli.
Questo nuovo gruppo di lavoro richiedeva
che i compagni più abili e cognitori dell’arte fossero incaricati di
sorvegliare e sovrintendere ai lavori più importanti e che divenissero così dei
vice maestri, addetti alla direzione limitata a determinati lavori. Il loro
insegnamento non era solo riferito all’opera tecnica della costruzione, ma
assumeva carattere morale e religioso. Una religiosità che, dagli adepti era
assunta autonomamente e che era riferita ai simboli tali da rientrare
nell’ortodossia cattolica.
Come dai capi mastro si sia giunti al
non facile titolo da conseguire, è
deducibile dal fatto che solo i più dotati intellettualmente e soggetti a
selezioni severe, solo dopo anni, erano gratificati ad assurgere alla dignità
di Maestro Venerabile.
Da tanto, ne derivò che dovendosi
conservare i segreti dell’arte dell’elevazione, agli aspiranti desiderosi di
intraprendere l’arte fu richiesto di essere uomini liberi e di buoni costumi. (2)
Liberi, di non essere costretti a
comunicare i segreti del mestiere, di buoni costumi, perché una vita disordinata
poteva condurre alla disarmonia del gruppo.
Nel determinarne le peculiari
caratteristiche, le corporazioni sorte di ogni loggia si diedero delle regole
in seno al gruppo di lavoro.
I Fratelli più capaci, in particolari
riunioni che si tenevano nelle logge, dai compagni vice maestri erano scelti
una volta l’anno per dirigere l’officina con il titolo di Maestro Venerabile.
Questi, a sua volta, era aiutato da due
vice maestri, che assumevano il titolo di sorveglianti, scelti fra i compagni
più esperti nell’arte della costruzione con il compito di sorvegliare il lavoro
degli apprendisti; Il primo sorvegliante d’istruire questi ultimi, il secondo
sorvegliante, di sorvegliare i compagni.
Questa, la più concreta motivazione che
si attribuì al titolo di “Maestro
Venerabile, ” designato per la sua età, viepiù per le sue competenze
tecniche, apprezzato per sapere dirigere l’opera e per imprimere quel concetto
d’uguaglianza, di fratellanza attorno al gruppo di lavoro, reso libero dai
condizionamenti di potere e di rivelare i segreti dell’arte.
L’evoluzione che l’istituto muratorio
ebbe, in epoca successiva, animato dalla volontà della sopravivenza, nel tempo,
mutò gli scopi iniziali (pedamentali) e formativi
della libera muratoria che, tradotti alla nostra conoscenza, sono riportati
in ogni testo, in cui ci é descritta la storia dell’arte delle grandi
costruzioni e dei rituali distinti per grado.
Nonostante, epperò, la Libera Muratoria
fosse stata soggetta all’evoluzione radicale del sistema, non mutò, nel tempo,
né venne meno il significato che si continuava a dare al titolo del Venerabile Maestro.
Ne fu testimonianza, insieme ai tanti
ordini susseguitisi, l’avvento dell’Ordine dei Templari. Nella loro storia, non
sempre chiara, si narra, come continuasse ad esistere la figura di un
Venerabile Gran Maestro eletto esclusivamente dai monaci, i quali gli tributavano
completa obbedienza e alcuno di loro poteva portare mutamenti alle leggi del
Maestro.
La società, intanto, faceva il suo corso
e il percorso dei muratori mutava repentinamente la propria filosofia operativa in quella speculativa, a causa
di molteplici motivi, dovuti alla carente acquisizione di nuove commesse.
Il direttore che sovrintendeva alla
costruzione di ieri … titolato a essere nominato Maestro Venerabile … ancora oggi,
permane essere quel soggetto scelto da una loggia che, per anzianità senno ed
equilibrio, sovrintende alla costruzione di un tempio.
Non c’è più l’edificio da costruire e/o
da restaurare materialmente, ma quello interiore da modellare nell’uomo che
aspira a tramutare in conoscenza l’azione, l’opera di restauro per il
miglioramento del proprio se e di quello dell’umanità.
Come in un tempo non definibile nella
sua interezza, ancora oggi, il collegamento con il passato muratorio definisce
sacra l’autorità del Maestro Venerabile.
Nella nostra epoca e, soprattutto nei
giovani, può far sorridere chi, effettivamente sconosce la realtà filosofica
della Muratoria, perché, un semplice adepto o un apprendista non ancora in
possesso degli arnesi dell’arte vede in essa un contrasto con i principi di
libertà, d’uguaglianza e di democrazia .
Solo chi ha maturato anni di lavoro, di
esperienze, di adattamento alla fraternità, ma soprattutto chi si è elevato,
iniziaticamente, vede nel Venerabile Maestro, quella figura pragmatica, giammai
vestita di un autoritarismo profano , ma d’un iniziato fra iniziati, nella
figura del quale, si concentrano quei valori e quei principi che egli esprime
come simbolo entro i confini dettati dai doveri e dai regolamenti dell’ordine
dei liberi muratori.
Egli pertanto é investito di una dignità
personale che gli conferisce poteri e prerogative.
Nell’azione del nostro tempo, il Maestro Venerabile ha funzione sacerdotale
e didattica; amministrativa e assistenziale. Si pone al centro della vita e
dell’organizzazione della loggia.
Subisce un’investitura attraverso la
quale il predecessore gli trasferisce un’influenza spirituale che solo uomini
in possesso d’una certa capacità misterica riuscirono a trasmettere da uomo ad
uomo, tanto che il tempo e l’uomo iniziato si è prestato quale mezzo di
collegamento di una catena d’unione che mai dovrà interrompersi per propria
volontà e tanto avviene attraverso il rito dal quale emerge il passaggio dei
poteri specifici della natura iniziatica muratoria da uomo ad uomo, dal maestro
insediante a quello insediato.
Sono questi poteri basilari di una
società iniziatica che ne costituiscono l’alter ego; cioè un altro se, una seconda
personalità all’interno dello stesso soggetto che utilizza il testimone
simbolico che gli è stato trasmesso.
Poteri che lo autorizzano a conferire
l’iniziazione, assieme alle due luci, di fare uscire dalla profanità l’uomo inscritto
nel cerchio della profanità e indirizzarlo nel suo perfezionamento interiore.
Il Venerabile Maestro, consacrato così a
tale dignità, è pronto a salire i sette gradini che lo indicano al suo scanno a
oriente e dal quale, con saggezza e con una visione collettiva della conoscenza
dei fratelli di loggia, li governa, imponendo loro la via da seguire e,
necessitandone il caso, la sua autorità.
Funzione alquanto difficile quest’ultima
perché non deve mai dimenticare di essere il primo fra pari e,
conseguentemente, agire in modo da ottenere da tutti i fratelli obbedienza che
non deve incidere sugli stessi e sulla loro sensibilità.
Egli è come un direttore d’orchestra che
decide sul miglior suono, amministra e governa, gli orchestrali, ma non è da
despota e, quando determinate situazioni emergono fuori dalla normalità ,si consulta
con le “Luci” e ,nei casi più gravi ,riunisce i fratelli nella camera di mezzo
pur rimanendo responsabile di ogni soluzione finale.
E’
ben noto che la massoneria è una scuola di vita e il M.V.le è il direttore di
questa scuola che oggi esprime non solo didattica, la migliore esecuzione dei
rituali, non solo l’adeguamento al continuo sviluppo, attraverso la ricerca,
della conoscenza esoterica e iniziatica, o della storia della massoneria ,ma
esprime l’armonia di un insieme solidale.
La
Massoneria è un’officina, in cui si forgia la statura del massone perché
trasmetta nel sociale, comportamenti adeguati d’un iniziato, d’un uomo libero
non soggetto a condizionamenti, in fede propriamente ai principi iniziali dei
primi costruttori dell’arte.
Il Maestro Venerabile, che oggi è a capo d’ogni singola loggia, non
ha solo ruoli istitutivi e culturali ma di attenzione a un proselitismo che sia
mirato verso uomini che hanno in desiderio di scrollarsi le scorie profane.
Cura
che gli aumenti di salario siano dati a fratelli meritevoli di avere bene
appreso l’arte, pone tutta la sua esperienza affinché nella loggia ogni atto
festoso non abbia a svolgersi con la solennità di una mera cerimonia, ma
esprima la solennità d’un rito essenzialmente iniziatico.
Egli é un iniziato, che materializza le sue
esperienze, esaminando, nel concreto, le attitudini dei fratelli, lo stato
comportamentale di qualsiasi stato di turbamento d’ogni fratello al fine di
alleviare le sue pene e perché il suo lavoro non produca nocumento all’Istituzione
muratoria o alla sua stessa costruzione interiore.
Soprattutto è un uomo il cui valore è
commisurato al processo di crescita interiore di tutti i fratelli che
esalteranno lo sviluppo e il distinguo di un’intera loggia di obbedienza,
quando serberanno di lui quella memore eredità che si mantiene solo per gli uomini
di desiderio, per quei Maestri che,
nel trasmettere amore, saggezza e umiltà, hanno prodotto così il bene dell’uomo
e dell’intera umanità; Progetto lusinghiero cui tende oggi la libera massoneria
nel mondo.
Nell’ordine
massonico Italiano, la
carica di M.V. è incompatibile con quelle di componente la Giunta del Grande
Oriente d'Italia di cui al successivo art. 34, di Consigliere dell'Ordine, di
Grande Architetto Revisore, di Ispettore di Loggia, di Giudice del Tribunale
Circoscrizionale e di Giudice della Corte Centrale (Art. 20 della Costituzione
dell'Ordine).
23
– 02 – 2014
***
(1)
A tale riguardo, giova ricordare come i massoni, a tutt’oggi e con
riferimento all’acquisizione dell’aumento di salario al grado di
“maestro,” fanno riferimento di tale
atto, riconducendolo alla leggenda Hiramita delle sacre scritture.
(2) Gli Old Charges, al III° Capitolo (relativo
alle Logge) dichiarano: Coloro che sono ammessi ad esser membri di una Loggia
devono essere persone di buona reputazione, compresi d’onore e di ragione, nati
liberi e d’età matura ed essere discreti. Essi non devono essere né schiavi, né
donne, né uomini che vivono senza morale o in modo scandaloso.
Bibliografia:
Consultati
i seguenti testi:
a) Il libro del vero massone di Ulisse Bacci;
b) Il ruolo del Maestro venerabile di Ottavio
Callego
c)
Rivista Massonica n.9 del 1976
del G.O.I.
d) Storia della Massoneria in Italia di Carlo
Francovich
e) Storia della Massoneria di Roberto Gervaso.
f) Il Maestro
Venerabile di Virgilio Gaito ex Gran maestro
del G.O.I.-
Salvatore
Casales ∴
Nessun commento:
Posta un commento