domenica 7 settembre 2008



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L’AMERICA CHE CI PIACE



Leggo sul Giornale .it del 6-09-08 di Paolo Guzzanti :

Ero negli Stati Uniti con parenti e amici americani quando si è svolto il primo confronto indiretto, nel corso dello stesso show, fra i due aspiranti presidenti, Obama e McCain. Ciò che mi tolse il fiato, stupefatto dalla chiarezza della politica americana fu l’onestà dei due, e la secchezza sorridente di John McCain. Obama è un uomo intelligente, ma non affascinante quanto John F. Kennedy che come «primo cattolico alla Casa Bianca» fece altrettanto scalpore quanto il primo afro-americano, ma con un vivido sogno per l’America che ha in mente: ciò che da noi Veltroni e i suoi neanche si sognano. Nessuno dei due evase le domande dirette, ma fra i due chi emerse per la sua franchezza, trasparenza e determinazione fu McCain. L’intervistatore chiedeva: «Crede nell’esistenza del male? E se ci crede, che cosa intende fare?». McCain disse con occhi chiari e faccia aperta: «Il male esiste e il nostro compito è sconfiggerlo». Una dichiarazione di guerra e di fede. Obama si era arrampicato sugli specchi per evitare il punto cruciale spiegato dal candidato repubblicano: l’America, di fronte al male, deve usare tutti i mezzi della ragione, senza però perdere di vista il suo obbligo alla fermezza nei principi: l’Europa può arrendersi a Monaco davanti a Hitler; l’Europa può accomodarsi davanti all’espansionismo sovietico; l’Europa può far finta di nulla di fronte alla sfida del fondamentalismo islamico, l’Europa può fare boccucce di fronte al nuovo espansionismo russo. L’Europa, ma non gli Stati Uniti d'America che hanno partecipato alla distruzione di tutti gli imperi: da quello spagnolo a quelli britannico e francese appoggiando la decolonizzazione, da quello giapponese a quello russo, a quello tedesco e italiano. Io guardavo McCain estasiato, pensando all’Italia delle “convergenze parallele”, dei “non solo ma anche”, dell’andreottismo multicentrico, del patto fra Aldo Moro e i terroristi dell’Olp e libici, dell’Italia così determinata a non contrastare le azioni russe per rivendicare l’impero ex sovietico. McCain considera la guerra in Irak con realismo, ammettendo che gli Stati Uniti quella amara guerra che è costata tanto in vite umane, la stanno vincendo: in Irak l’embrione della democrazia ha attecchito, come attecchì nel Giappone dopo Hiroshima e Nagasaki sotto il pugno di ferro del generale Douglas MacArthur che scrisse la Costituzione giapponese, costruì il Parlamento di Tokyo e usò la forca contro i criminali di guerra.
McCain alla domanda se fosse “pro life”, cioè antiabortista o no, ha risposto senza esitazione e senza retorica, «pro life».
E ha marcato con un colpo di spada la sua scelta politica prendendo nel ticket Sarah Palin, il “ciclone Sarah” che nessuno conosceva e che esibisce come un vitale segno di forza la bambina down che ha voluto mettere al mondo e che parla di sé con il gusto della provocazione frontale, del gusto americano di onorare la lezione cristiana che dice «sia la tua parola sì sì, no no». Vorrei vedere quali e quanti politici sarebbero in grado di dire di se stessi che la differenza fra loro e un pitbull è soltanto il rossetto (o la penna stilografica). Ho provato un’invidia nera per l’America che sta per votare, per la parte della mia famiglia che voterà, perché la scelta degli elettori è limpida, forte, aperta. Una scelta che non coinvolge solo interessi, ma l’Anima americana. Penso che alla fine vincerà McCain e che Obama perderà, come perse John Kerry che tutta la sinistra mondiale dava per vincitore. Il candidato repubblicano ha scommesso infatti su un’America che ritrova se stessa, mentre Obama ha scommesso su un’America che possa superarsi negandosi: una operazione coraggiosa, ma fragile di fronte alle sfide di politica estera. Certo, McCain che ieri ha pronunciato il discorso di accettazione promettendo la guerra contro “la casta” di Washington, resta pur sempre un Old Boy, un americano bianco con le sue radici europee, mentre Obama è in parte uno straniero, la cui pelle non deriva da quella degli schiavi americani, ma da un intellettuale africano che comparve sul suolo degli Stati Uniti per fare l’Università.

Il mio Commento :

L'articolo si commenta da solo ,tanto viene detto che ,l'invidia mi pervade,come Italia ed America entrambi paesi democratici, hanno filosofie di vita,di progresso,di rinascita e comportamenti tanto diversi ,dalle quali i nostri politici dovrebbero farne ammenda.

Oggi,invece in Italia, assistiamo al turpiloquio,alla illealtà,alla non vedenza di chi vive in stato di precarietà,al proselitismo sporco dei favori che si ricambiano,alla non chiarezza della politica Italiana che tanto ci degrada oltre oceano, mentre i politici blaterano ai bisogni del popolo,interiormente pensano al sapore del potere che il miglior scanno loro produrrà.

E nel contesto etereo in una notte pensante, dove i rumori del giorno si annullano, la miglior riflessione suggerisce che l'Italia non può meritare l'agonia politica alla quale assistiamo,non può assistere ad una neutralizzazione dei principi cristiani che scuola e famiglia ci hanno inculcati.

Non può assentire alla innaturazione di esseri che,in virtù di una diversità fisiologica vorrebbero accaparrarsi dei titoli essenziali ,propri ed appartenenti ai soggetti preposti.

Allora mi va di fare una considerazione che, potrebbe desumere dal banale ,ma che tale non é perchè ,sono convinto che la giusta cultura d'ogni essere che si accinge a capire deve derivare da una scuola sana; I principi di apprendimento devono possedere il carattere della evoluzione e non possono e non devono cancellare tutto ciò che di positivo hanno espresso nel passato ;Tanto,non deve essere assunto come azione conservatrice,che anch'essa deve avere un progresso,ma di restauro dei principi che hanno avuto origine dai valori fondanti nell'uomo.
E se l'america oggi,é per molti di noi un riferimento di vita,di azioni,d'essere,é perchè non tutto del passato é stato cancellato.

Ecco perché uomini come McCain , Obama , Sarah Palin e Illary Clinton sono ,benché nella loro diversità del pensiero politico, identici in lealtà ,in chiarezza,educazione e dovrebbero esser di esempio per tanti che ,attraverso la politica dicono tanto di democrazia ed il giorno appresso la perdono nei salotti del perbenismo politico.-
Ho detto . :
Aaronn

Pubblicato il 7/9/2008 alle 8.0 nella rubrica Diario.
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giovedì 4 settembre 2008



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DALLE ELEZIONI D'AMERICA,OGGI NASCE L'ENERGIA POLITICA.-

La nuova energia politica ?Con Sarah Palin.

Strategia - immagine ,fanno parte da sempre,dall'antico progetto americano per imprimere alla volontà delle folle il nuovo che si desidera realizzare.

In un'America che si appresta ad eleggere, e quindi a dover scegliere,fra non molto, l'uomo o la donna che possa portare a mutamenti positivi, dopo anni di governo mediocre, sono necessarie scelte ardue,ma soprattutto l'Uomo con una grande personalità carismatica .

L'america sia democratica che republicana, fino ad ieri, non credo che avesse proposto uomini alla presidenza con quella immagine forte di quel carisma che l'uomo più potente del mondo deve avere,e mi ero quasi fatta l'idea,errata,che non ne avesse .

Anzi ero deluso ed incerto sul considerare come L'America,la nazione più progressa del mondo ,non avesse l'UOMO detentore d' una certa enfatica e coriacea personalità che potesse infuocare le folle. Sicuramente la signora Clinton avrebbe avuto più numeri del giovane Obama,nell'amministrare lo stato più potente del mondo,ma la vera democrazia é tale quando attribuisce al popolo di scegliere liberamente l'uomo che abbia potenzialità politica,strategica,ma sopra ogni cosa che ,nel suo precedente abbia dimostrato d'essere di buoni costumi.

E' saputo che le donne al mondo sono di gran numero superiore alla presenza dell'uomo sulla terra, ed è stata sempre la donna a non vedere bene nella sua consimile, per tutti i tanti aspetti che ,in questa mia relazione ,non sto ad enucleare, una rivale in bellezza,in intelligenza ,come donna essenzialmente.

Fatta fuori la Illary,benché l'uragano Obama abbia dato il tutto di se,non credo che quest'ultimo, possa vantare esperienze e destrezze strategiche sia in politica interna che estera ,da mutare i destini d'America e non solamente per la sua giovane età,ma perchè,purtroppo in lui ho notato "il ciarlatano" che con la sciorinosa dialettica tenta in tutte le forme mediatiche d'incantare le masse ,che con la parola facile vorrebbe di tutto fare,ma fra il dire ed il fare,miei cari lettori ,c'é molta strada da percorrere e molto da navigare.

L'america,probabilmente lo voterà,ma non ne uscirà felice e soddisfatta, e dopo i primi sei mesi ritornerebbe a tutti i problemi che di negativo detiene .

Allora,ecco rinascere nella fazione repubblicana,l'energia politica,con la proposizione al gradino vicino al Presidente d'America ,d'un personaggio in contrapposizione alla Sig.ra Illary,una bella presenza di donna,con relativa esperienza,ma con quella bella presenza che non ricusa le masse ,ma le avvicina per mostrare tutto ciò che di bello e pulito può essere vicino al successivo Presidente.

Insomma l'immagine di una donna di famiglia che possa esprimere serietà,sentimenti e valori cristiani irrinunciabili e sui quali si deve esprimere la moltitudine.

Una bella scelta di McCain,soprattutto perchè nella identificazione del bello,del gradevole, dei valori ,ha fatto rinascere una nuova speranza negli americani,ma dettando, soprattutto, i lineamenti della nuova energia strumental- politica.-

Aaronn
Pubblicato il 4/9/2008 alle 9.0 nella rubrica Diario.
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lunedì 1 settembre 2008




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Anonymous Aaronn

Un commento su " ALITAGLIA di O.Bartoli. " da: Letter from Washington DC.-

Carissimo O.Bartoli.
Nel leggere il suo articolo "Aritaglia" non riesco a sottacere al suo sindacalismo di prodiana memoria. Se , prima pensavo ad una sua legittima e democratica esternazione,d'ulivo-ideal,adesso nel leggere i suoi articoli, in essi, percepisco un vero accanimento avverso l'attuale politica che gli italiani si sono voluti dare in un legale consesso popolare.
E, come si soleva dire un tempo a scuola che,ad ogni azione corrisponde una forza uguale e contraria, io le dico, con mero rispetto,che Ella è l'incarnazione specifica dell'antico e concreto detto। Nello specifico dell'articolo in questione,mi permetto, non con mie considerazioni ,ma riportare un articolo, oggi letto sul quotidiano "Corriere della sera" di Dario Di Vico, attraverso il quale informa in maniera dettagliata della vicenda "Alitalia,"che gliene consiglio la lettura. Cordiali saluti

Salvatore Casales

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Corriere della Sera > Economia > «La nuova Alitalia? Né a destra né a sinistra»


«Da sempre ci muoviamo così senza badare al colore della coalizione che governa il Paese — dice l'amministratore delegato di Banca Intesa Sanpaolo —. Chi sia il presidente del Consiglio e quale la maggioranza che lo sostiene, al fine delle nostre decisioni è irrilevante. Anche al governo Prodi abbiamo offerto la nostra collaborazione sul dossier Alitalia, ma non si sono create le condizioni».

MILANO - «E' un piano serio, è un piano che può permettere ad Alitalia di tornare a competere e crescere sul mercato. E' un piano difficile, perché difficilissima è la situazione in cui si trova Alitalia. Non è paragonabile al piano di Air France, perché quest'ultimo faceva scomparire Alitalia come azienda autonoma e comunque era prima della crisi del petrolio che ha fatto fallire decine di linee aeree e che la Iata definisce paragonabile a quella post 11 settembre. Anche il presidente di Air France, Spinetta, mi ha confermato che la loro proposta sarebbe stata del tutto inadeguata a risanare Alitalia alla luce degli eventi successivi. In ogni caso se ci saranno offerte migliori il commissario le valuterà sicuramente».
Ma cosa qualifica il piano rispetto alle precedenti ipotesi?
«Il raggiungimento, grazie ad AirOne, di una dimensione sufficiente per il rilancio del vettore sul mercato non solo domestico, ma anche internazionale. La produttività e un servizio che saranno in linea con i migliori concorrenti. Il completo rinnovo della flotta unito al ridisegno del network per soddisfare le esigenze del mercato italiano. E poi una grande alleanza internazionale».
Eppure la critica che vi viene rivolta è di far arretrare la cultura di mercato.
«Al contrario, è un piano di mercato ed è finalmente una privatizzazione di Alitalia da tanti anni tentata e mai riuscita. Credo nel libero mercato e credo di aver contribuito allo sviluppo della concorrenza sia ai tempi della telefonia mobile, che alle poste, che in banca. Se oggi l'Italia ha due banche tra le prime del mondo è grazie alla formidabile iniezione di concorrenza che si è saputo introdurre nel settore. Privatizzazioni e liberalizzazioni che hanno portato al consolidamento, alla crescita e a uno standard di innovazione mai viste precedentemente».
Ammetterà che il rilancio dell'Alitalia avviene però sotto il segno della cultura dei campioni nazionali e della deroga alle norme antitrust.
«Ogni settore ha le sue regole del gioco e non esistono schemi di privatizzazione validi per tutti. Ogni grande compagnia europea è prima di tutto campione nazionale a casa propria, con posizioni dominanti che arrivano in qualche caso al 90%, come in Francia. La nuova Alitalia arriverà a meno del 60% ed in ogni caso l'Antitrust vigilerà. Se poi lei si riferisce alla tratta Roma-Milano il vero concorrente è il treno che in un paio di anni potrà raggiungere anche il 50% del mercato».
Il rischio però è che si tratti di una privatizzazione pagata dai consumatori.
«Non sarà così. Il nostro piano è nell'interesse sia dei consumatori sia dei cittadini. E' nell'interesse dei consumatori perché migliora il servizio e aumenta l'efficienza. Tiene conto anche degli interessi della comunità nazionale. Salvaguardare l'italianità della compagnia di bandiera serve a rafforzare le chance dell'Italia in campo turistico e renderla più aperta agli scambi e all'internazionalizzazione. Sono valori economici anche questi».
Italianità? Ma Air France o Lufthansa o British Airways potrebbero fare un calcolo di questo tipo: mettiamo un piede dentro pagando solo il 10% e poi domani facciamo il colpo dando un po' di soldi agli imprenditori e ci prendiamo tutto. Nel frattempo il "lavoro sporco" lo avranno fatto gli italiani. Qualcuno è arrivato a evocare il paragone con l'ingresso di Telefonica in Telco.
«A parte che l'operazione Telefonica- Telco aveva ed ha una sua logica di cui non ha senso parlare in questa sede, il paragone è comunque sbagliato. La stragrande maggioranza del capitale di Alitalia resterà in mani italiane e tutti gli azionisti hanno accettato di vincolarsi per cinque anni. Noi abbiamo creato le condizioni perché nel 2013 arrivi una compagnia tricolore viva, più efficiente, più competitiva. A seconda di come sarà l'industria del volo allora sarà possibile tracciare il miglior futuro per questa compagnia».
Si dice che gli imprenditori che sono entrati in Alitalia hanno realizzato una sorta di scambio con la politica. Eugenio Scalfari lo chiama "imbroglio". Puntano una fiche sugli aerei ma intanto ricavano migliori condizioni nelle concessioni autostradali, fanno il pieno dei lavori dell'Expo e godono di tanta tanta benevolenza governativa.
«E' una insinuazione sbagliata, pregiudiziale e non vera. Tutti gli azionisti hanno esaminato con grande attenzione il piano ed hanno deciso di investire perché lo apprezzavano come imprenditori e per i risultati economici che si propone di raggiungere. Certamente tutti hanno dato importanza anche al fatto di poter contribuire ad un progetto utile per il nostro Paese, ma la valutazione fondamentale è stata per tutti di tipo imprenditoriale. Guardando la lista di investitori, la maggioranza non ha neanche rapporti con il mondo pubblico».
Ma la figura di Roberto Colaninno primus inter pares non rischia di compromettere l'equilibrio della compagine azionaria?
«Tutti si sono riconosciuti nella scelta di nominare Colaninno presidente e Sabelli amministratore delegato. Sabelli ha condiviso fin dall'inizio le scelte del piano e ha contribuito alla sua messa a punto. Quando anche Colaninno si è aggiunto alla squadra si è potuto riformare un tandem che ha già conseguito grandi risultati in altre operazioni. Contiamo poi sul contributo di tutti gli azionisti e, in particolare, saranno importanti la competenza e le professionalità apportate da Carlo Toto. Senza AirOne l'operazione non sarebbe stata possibile e non avremmo le dimensioni necessarie, gli aerei, la quota di mercato per riuscire».
Quale sarà il ruolo di Intesa?
«Nelle ultime settimane abbiamo svolto un ruolo strategico di pianificazione e coordinamento del progetto. A questa prima conclusione positiva si è arrivati innanzitutto grazie all'impegno di Gaetano Micciché e del suo gruppo di lavoro e poi di tutti gli imprenditori che hanno creduto in questo progetto. Ora come Intesa Sanpaolo assumiamo il ruolo di azionisti insieme agli altri».
E il dibattito interno al gruppo Intesa Sanpaolo come prosegue? La stampa ha parlato di visioni diverse tra il Consiglio di Sorveglianza e quello di Gestione con il timore da parte del primo di favorire eccessivamente il governo Berlusconi.
«La dialettica è sempre utile per arrivare a decisioni giuste e condivise. Sia il Consiglio di Gestione che quello di Sorveglianza hanno interpretato al meglio il proprio ruolo e fornito il loro contributo. Tutte le scelte su quest'operazione sono state fatte all'unanimità sia nei due consigli sia nei comitati strategici della banca. Non è mai sorto il problema del cui prodest, ma si è discusso sempre e solo della validità del progetto, così come nei molti altri casi in cui la banca ha impegnato del capitale per rendere possibili grandi progetti di ristrutturazione e rilancio di aziende italiane».
Un indirizzo che avete seguito e seguirete con tutti i governi?
«Da sempre ci muoviamo così senza badare al colore della coalizione che governa il Paese. Chi sia il presidente del Consiglio e quale la maggioranza che lo sostiene, ai fini delle nostre decisioni è irrilevante. Anche al governo Prodi abbiamo offerto la nostra collaborazione sul dossier Alitalia, ma non si sono create le condizioni ».
A suo tempo la banca sostenne la proposta d'acquisto da parte di AirOne.
«Seguiamo la vicenda da due anni. In una prima fase abbiamo sostenuto l'offerta AirOne ma non si è creduto nella bontà del nostro piano e non siamo stati ammessi neanche alla due diligence. Nella fase successiva in cui la crisi di Alitalia si è aggravata e siamo entrati in una fase diversa e più critica. La somma Toto più Alitalia non era più sufficiente per affrontare l'emergenza Alitalia e i nuovi prezzi del carburante; servivano altre energie imprenditoriali e le abbiamo trovate. L'Alitalia, per poter attirare capitali, aveva bisogno di un risanamento e riorganizzazione ancor più profonda».
Lei la chiama riorganizzazione profonda ma i suoi critici dicono che si tratta di un revival della vecchia e perniciosa attitudine italiana a privatizzare i benefici e a socializzare i costi. Addossando allo Stato esuberi di personale, indennizzi ai piccoli risparmiatori e quant'altro.
«Penso solo una cosa: il fallimento dell' Alitalia scaricherebbe sulle spalle dello Stato oneri di tutti i tipi. Qualcuno fa finta di dimenticarselo e dimentica anche che la compagnia è stata ridotta in fin di vita da anni e anni di cattiva gestione e di responsabilità diffuse».
Si parla molto in questi giorni di una collaborazione tra il governo di centro- destra e le più importanti realtà imprenditoriali e bancarie del Paese. C'è chi è arrivato a paragonare il piano di risanamento Alitalia alla commissione Attali varata in Francia dal governo Sarkozy. E del resto anche lei in più occasioni e in tempi non sospetti ha sostenuto che una esperienza à la Attali avrebbe fatto bene all'Italia.
«Accetto il paragone almeno in parte. La commissione Attali è stato sinonimo di un impegno no partisan, di interventi economici e infrastrutturali coordinati in vari settori, di progetti di lungo termine che mobilitano risorse pubbliche e private. Anche in questo caso la ristrutturazione di Alitalia non potrà, ad esempio, prescindere da una riorganizzazione del sistema aeroportuale. L'Alitalia non è né di destra né di sinistra. Questo è il nostro modo di lavorare».
Ma la logica Attali può estendersi dall' Alitalia anche ad altri progetti. Senza essere particolarmente originale penso alle infrastrutture…
«Ci sono progetti Paese che vanno sicuramente al di là dei tempi della politica. Ci sono opere nel campo della scuola, della giustizia, dei trasporti che ogni governo dovrebbe portare avanti facendo il suo pezzo di strada. Credo sinceramente che questo sia l'auspicio di moltissimi italiani, che magari non hanno mai sentito parlare di Attali, ma che vogliono vedere i problemi risolti e non ricominciare da capo in una direzione diversa ad ogni cambio di governo».
Non tutti ricordano che in definitiva è stato il sindacato a bocciare il vecchio piano Spinetta e ad affossare l'ipotesi Air France, non teme che possa accadere lo stesso anche questa volta con il piano Intesa?
«Tutti i progetti di risanamento e rilancio che ho vissuto, li ho condivisi con il sindacato. La mia esperienza dimostra che anche in caso di ristrutturazioni aziendali difficili, di fronte a piani credibili, onesti e di sviluppo il sindacato non si è mai tirato indietro. Confido che anche questa volta vada così e che si abbia il coraggio di fare in Alitalia ciò di cui l'azienda ha bisogno e che non ha fatto negli ultimi anni».


Dario Di Vico
01 settembre 2008

September 1, 2008 6:34 AM

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